Campionato 1988-89: la Roma fra Liedholme Luciano Spinosi

Grandi acquisti

Viola aveva acquistato per Liedholm Rizzitelli, Massaro,Andrade e il misterioso playboy brasiliano Renato Portaluppi.
I tifosi si erano esaltati, avevano previsto di divertirsi e invece la squadra aveva cominciato ad annaspare.

La Roma è, a questo punto, un mistero buffo. Ripercorriamo velocemente la successione dei fatti. Se ne è andato Eriksson, è tornato Liedholm. II «barone» ha avuto un'impennata, ha voluto togliersi molti sfili ed è arrivato terzo, stagione'87 /88. Tutto sembra essere tornato in ordine. Lionello Manfredonia ha giocato ventotto partite su trenta, i suoi contestatori, quelli che avevano minacciato sfracelli, adesso intonano cori in suo onore. Era naturale, era giusto che finisse così. Lionello è nato ed è vissuto da laziale, ma lui è uno di quelli che ha una sola religione: la maglia che indossa. In campo, la sua fedeltà è totale, e il suo impegno è perfino smodato, talvolta. Lionello non è tenero, anzi ha una consolidata fama di «carogna», come si dice a Roma in un deviato senso di rispetto. E non è nemmeno un tipo facile, in Argentina si era giocato le simpatie di Bearzot solo per il gusto di assumere atteggiamenti trasgressivi. E' stato coinvolto, e in modo pesante, nello scandalo delle scommesse, ed ha duramente pagato. E questo è dipeso proprio dal Iato fragile del suo carattere, quella sua maliziosa pretesa di essere il più furbo. Lionello «il dritto»: gli piace tanto. Però tutto questo non intacca la sua aggressività gladiatoria, quando è in campo e decide di giocare.
E nella Roma, a trentatre anni, Manfredonia gioca ancora gagliardamente. Come si è dunque arrivati a quest'altra crisi così strana, paradossale, al Pescara che scende all'Olimpico e passa da dominato re, con Tita che sembra più bravo di Pelè e fa tre gol, con Liedholm licenziato, con la Roma affidata all'incredulo Luciano Spinosi? Che fine ha fatto la squadra del terzo posto, appena pochi mesi fa? Come mai la situazione è sfuggita di mano a un vecchio saggio come il «barone»? Insomma, com'è cambiata, la Roma?

Renato il bello

Viola -estate'88, dopo il terzo posto- non è stato in poltrona, non è il tipo. A Trigoria, manca solo che timbri il cartellino. In difesa si può contare sul completo recupero di Nela, che nella stagione precedente, quella del terzo posto appunto, ha giocato solo le ultime cinque partite: non è cosa da poco conto, la sua presenza. In attacco c'è Voeller, che però ancora non si è ambientato ed ha segnato poco. Viola allora ingaggia e vince un'altra delle sue battaglie: quella per l'attaccante Ruggiero Rizzitelli, che si è affermato nel Cesena e che la Juventus corteggia con insistenza. La spunta Viola, Rizzitelli arriva e fa una inattesa e coraggiosa dichiarazione: «lo sono lusingato da tanta attenzione nei miei confronti, ma sento parlare di me come di un formidabile cannoniere: io tutti questi gol non li ho mai fatti». E'vero, ma l'equivoco sopravviverà.
Voeller e Rizzitelli in attacco possono dunque bastare, ma Viola si è messo in testa di strafare, il terzo posto gli rinnova propositi di scudetto. E inoltre, davanti alla Roma si apre un vuoto pauroso: quello lasciato di Roberto Pruzzo, il bomber, il supercannoniere giallorosso. L'arcangelo dell'area di rigore, che ha superato il record di Sigghefrido Volk. Nell'ultima stagione Pruzzo ha giocato undici partite e ha segnato un solo gol: quasi un' offesa al suo prestigio. Roberto ha ormai trenta tre anni, ha lottato dura mente, e non solo in campo: la vita molto gli ha dato e molto gli ha chiesto.
Se ne è andato anche Boniek, che non ha fallito il compito ma non è certo stato un taumaturgo; Zibì ha altri interessi, sembra un pò distratto: ma anche lui ha abbondantemente superato la trentina, e comincia a rivelare qualche insofferenza. Storia finita, semplicemente: come per Pruzzo. Campioni che non si sono mai risparmiati, e che meritano un affettuoso applauso. E' per queste ragioni che Dino Viola si rimette sulla via brasiliana, che tanto amica gli fu quando gli fece scoprire Paolo Roberto Falcao; e che stavolta invece lo porta ad uno dei più enigmatici personaggi da che queste parti siano mai capitati: Renato Portaluppi, nato a Guaporè, ala destra del Flamengo di Rio de Janeiro. Con lui, sempre proveniente dal Flamengo, arriva Da Silva Jorge Luis Andrade, un centrocampista ormai attempatello (ha superato la trentina) ma carico, dicono, di una sapienza calcistica che non accetta paragoni.
Renato è un bel ragazzo, accattivante, sempre accompagnato da un sorriso aperto e un pò insolente. Gli piacciono le belle donne, ed è comprensibile, visto il tipo; gli piace divertirsi, è allegro: insomma uno che tiene su l'ambiente, se non va fuori dal seminato.Andrade è l'opposto: taciturno, osserva il mondo in silenzio, ascolta: cerca di capire. Forse -é l'impressione di tutti- con Renato ci divertiremo. Certo è che se questo strano play-boy brasiliano riesce ad andare d'accordo con un timidone come Voeller, e con un ragazzo composto e semplice come Rizzitelli, per gli avversari della Roma saranno guai.

Meno male che c'é Rudy

Si comincia, e a vedere Renato in campo, sembra che pianga, lui che ride sempre. Non ci capisce niente, gioca a vuoto, non vede i compagni, non vede nessuno: chissà in quali lontani orizzonti la sua fantasia si perde. O in quale sorriso di fragrante ragazza. Ma no, le donne non c'entrano. Renato è smarrito. Comincia una penosa storia, i critici non sanno che atteggiamento prendere, mantengono a Renato una difficile stima, una forzata fiducia, cercano di capire il problema, aspettano che il giocatore, il campione raccontato, riveli almeno parte di sé. Niente da fare: pensate a quelli che gridano «ho visto un UFO!». Un oggetto luminoso, che improvvisamente scompare. Proprio questo èstato Renato: personaggio luminosissimo, e improvvisamente scomparso.
Torniamo a quella storia della crisi inattesa. Renato Portaluppi gioca venti tre partite e non segna neppure un goi. Uno straccio di gol, uno solo per far capire che lui, Renato Portaluppi, esisteva davvero, in un altro mondo calcistico. Niente. Liehdolm, prima lo schiera come titolare, poi comincia a tenerlo fuori, poi tenta di recuperarlo, anche cambiandogli ruolo. Tutto vano. Il sorriso, la fantasia, la personalità, l'insolenza: tutto quello che Renato è in borghese, in campo scompare. Andrade, peggio: gioca le prime sette partite, poi esce definitivamente di scena; è classico, ma lento e irrimediabilmente fuori ritmo. Renato neppure un gol, Rizzitelli solo due. Qualcuno storce il naso: ma scusate, non l'aveva detto lui per primo, che cannoni ere non era mai stato? E meno male che Voeller, intanto si è svegliato. Questa Roma imbambolata, stordita, è sorretta da pochi, tra i quali Daniele Massaro, ingaggiato quasi tra l'indifferenza, visto il clamore suscitato dai brasiliani, e invece prezioso, come sarà sempre nella sua carriera. Però Massaro non può bastare, e così si arriva al Pescara, a Tita, alla crisi, alla cacciata di Liedholm, alla Roma affidata a Luciano Spinosi.

Tratto da La mia Roma del Corriere dello Sport

 

Indietro